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Misure cautelari a tutela del credito erariale – Sequestro conservativo o ipoteca fiscale – L’Agenzia delle Entrate deve provare volontà debitore di sottrarre il suo patrimonio all’adempimento.

L’art. 22 (Ipoteca e sequestro conservativo) del D.Lgs. 472/97, al suo primo comma, prevede che “In base all’atto di contestazione, al provvedimento di irrogazione della sanzione o al processo verbale di constatazione e dopo la loro notifica, l’ufficio o l’ente, quando ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può chiedere, con istanza motivata, al presidente della commissione tributaria provinciale l’iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido e l’autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei loro beni, compresa l’azienda. ……”.

In merito ai requisiti per la concessione del sequestro conservativo in favore dell’Agenzia delle Entrate  si ricorda la pronuncia della Commissione Tributaria pugliese secondo cui “Per la concessione dell’ipoteca fiscale o del sequestro conservativo a tutela del credito tributario reclamato devono ricorrere contestualmente i presupposti del fumus boni iuris, consistente nell’attendibilità e sostenibilità della pretesa tributaria, e del periculum in mora, consistente nel fondato timore da parte dell’Amministrazione finanziaria di perdere la garanzia del proprio credito, di talché ai fini della rappresentazione della sussistenza del fumus boni iuris è necessario che nell’istanza di autorizzazione delle misure cautelari sia fornita puntuale ed esauriente motivazione delle ragioni della richiesta che, evidentemente, non possono essere sostanziate dal mero richiamo ai rilievi contestati nell’atto impositivo ma devono consistere in un quid che vada oltre la mera riproduzione dei rilievi medesimi, mentre ai fini dell’affermazione della ricorrenza del PERICULUM IN MORA VA INVECE ATTENTAMENTE CONSIDERATO IL COMPORTAMENTO DEL DEBITORE, TENUTO CONTO DELLA EFFETTIVITÀ DEL SUO PATRIMONIO IN RAPPORTO ALL’ENTITÀ DEL CREDITO VANTATO DALL’ERARIO E DELLA COMPROVATA ESISTENZA DI SUOI COMPORTAMENTI, SUCCESSIVI ALL’ADOZIONE DELL’ATTO IMPOSITIVO, REALI E ATTUALI, TALI DA MANIFESTARE LA VOLONTÀ DI SOTTRARSI ALL’ADEMPIMENTO DEPAUPERANDO IL PROPRIO PATRIMONIO(Comm. trib. prov. Puglia Lecce Sez. I, 31-03-2015).

Nella stessa direzione il precedente meneghino, in tema di sequestro conservativo di azienda, secondo cui “Non può essere accolta la richiesta di autorizzazione di sequestro conservativo dell’azienda del contribuente presentata dall’Agenzia delle entrate allorquando quest’ultima non solo non abbia previamente notificato la cartella di pagamento, al cui esito negativo è ricollegabile la concreta esistenza del periculum in mora, ma addirittura non abbia neppure agito gradualmente dapprima iscrivendo l’ipoteca legale sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido e poi procedendo al sequestro conservativo dei beni personali, lasciando, ad esito negativo di tali operazioni, come ultima iniziativa l’azione del sequestro conservativo dell’azienda; solo in questo modo e dopo le risultanze negative di tali operazioni, il “timore” paventato dall’Ufficio di perdere la garanzia del proprio credito può ritenersi “fondato”, cioè basato su dati concreti e, di conseguenza, può risultare valida e legittima la richiesta di adozione di misure cautelari nei confronti dell’azienda” (Comm. trib. prov. Lombardia Milano Sez. I, 01-10-2009, n. 521).

Comm. trib. prov. Abruzzo Chieti Sez. V, 22-06-2007, n. 150

Anche la commissione tributaria abruzzese aveva confermato che “L’Agenzia delle Entrate, quando ritiene fondatamente di perdere la garanzia del proprio credito ipotizzato nell’atto di contestazione, dal provvedimento di irrogazione delle sanzioni o dal processo verbale di constatazione notificato al contribuente può tutelare il proprio credito con misure cautelari quali l’iscrizione ipotecaria su beni immobili o sequestro conservativo su altri beni previa specifica autorizzazione della Commissione tributaria su rituale e motivato ricorso. In sede di richiesta della garanzia, limitata alle sole sanzioni, l’Agenzia delle Entrate deve provare il fumus boni juris e periculum in mora. Nel giudizio può intervenire il contribuente ed opporsi alla richiesta contestando la sussistenza dei requisiti per la concessione dell’autorizzazione” (Comm. trib. prov. Abruzzo Chieti Sez. V, 22-06-2007, n. 150).

Si ricorda altresì che “Il “periculum in mora” occorrente per l’autorizzazione dell’ipoteca e del sequestro conservativo previsti dall’art. 22 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, ovvero il fondato timore di perdere la garanzia del credito sanzionatorio, non può ravvisarsi nella mera esposizione dei fatti operata dall’istanza dell’Ufficio finanziario che si limiti a rappresentare un approssimativo e sintetico importo dovuto a titolo di tributi anziché di sanzioni, e per di più ipotetico, perché scaturente dalle contestazioni mosse dalla Guardia di finanza che lo stesso Ufficio deve ancora vagliare(Comm. trib. prov. Emilia-Romagna Reggio Emilia Sez. I Sent., 28-08-2006, n. 105).

Questo il testo completo dell’art. 22 (Ipoteca e sequestro conservativo) del D.Lgs. 472/97:

 “1.  In base all’atto di contestazione, al provvedimento di irrogazione della sanzione o al processo verbale di constatazione e dopo la loro notifica, l’ufficio o l’ente, quando ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può chiedere, con istanza motivata, al presidente della commissione tributaria provinciale l’iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido e l’autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei loro beni, compresa l’azienda. A tal fine l’Agenzia delle entrate si avvale anche del potere di cui agli articoli 32, primo comma, numero 7), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e 51, secondo comma, numero 7), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. 1-bis.  Al fine di rafforzare le misure poste a garanzia del credito erariale e a sostegno delle relative procedure di riscossione, le istanze di cui al comma 1 possono essere inoltrate dal comandante provinciale della Guardia di finanza, in relazione ai processi verbali di constatazione rilasciati dai reparti dipendenti, dando tempestiva comunicazione alla direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate, che esamina l’istanza e comunica le proprie eventuali osservazioni al presidente della commissione tributaria provinciale, nonché al comandante provinciale richiedente. Decorso il termine di venti giorni dal ricevimento dell’istanza, si intende acquisito il conforme parere dell’Agenzia delle entrate.

1-ter.  Nei casi di cui al comma 1-bis, la Guardia di finanza fornisce all’Agenzia delle entrate ogni elemento richiesto ai fini dell’istruttoria e della partecipazione alla procedura di cui al presente articolo. In caso di richiesta di chiarimenti, è interrotto, per una sola volta, il termine di cui al comma 1-bis.

2.  Le istanze di cui al comma 1 devono essere notificate, anche tramite il servizio postale, alle parti interessate, le quali possono, entro venti giorni dalla notifica, depositare memorie e documenti difensivi.

3.  Il presidente, decorso il termine di cui al comma 2, fissa con decreto la trattazione dell’istanza per la prima camera di consiglio utile, disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni prima. Nel caso in cui la notificazione debba effettuarsi all’estero, il termine è triplicato. La commissione decide con sentenza.

4.  Quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento, il presidente provvede con decreto motivato assunte ove occorra sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, la camera di consiglio entro un termine non superiore a trenta giorni assegnando all’istante un termine perentorio non superiore a quindici giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza la commissione, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto.

5.  abrogato

6.  Le parti interessate possono prestare, in corso di giudizio, la garanzia di cui all’articolo 69, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546. In tal caso l’organo dinanzi al quale è in corso il procedimento può non adottare ovvero adottare solo parzialmente il provvedimento richiesto.

7.  I provvedimenti cautelari pronunciati ai sensi del comma 1 perdono efficacia:

a)  se non sono eseguiti nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione;

b)  se, nel termine di centoventi giorni dalla loro adozione, non viene notificato atto impositivo, di contestazione o di irrogazione; in tal caso, il presidente della commissione su istanza di parte e sentito l’ufficio o l’ente richiedente, dispone la cancellazione dell’ipoteca;

c)  a seguito della sentenza, anche non passata in giudicato, che accoglie il ricorso avverso gli atti di cui alla lettera b). La sentenza costituisce titolo per la cancellazione dell’ipoteca. In caso di accoglimento parziale, su istanza di parte, il giudice che ha pronunciato la sentenza riduce proporzionalmente l’entità dell’iscrizione o del sequestro; se la sentenza è pronunciata dalla Corte di cassazione, provvede il giudice la cui sentenza è stata impugnata con ricorso per cassazione.”