La Suprema Corte ha chiarito che “La rinuncia all’eredità consiste in un atto giuridico unilaterale, mediante il quale il chiamato all’eredità dismette il suo diritto di accettarla. Il compimento dell’atto determina la perdita del diritto all’eredità ed il rinunciante è considerato come se non fosse stato mai chiamato, nel momento in cui si verifichi l’acquisto dell’eredità da parte di altri chiamati. La rinuncia richiede la forma scritta ad substantiam. Ne consegue che una revoca tacita della rinunzia è inammissibile” (Cass. civ., Sez. II, Ordinanza, 28/12/2022, n. 37927).
Spiega la Corte che “ … l’art. 519, già richiamato, richiede che l’atto di rinuncia sia rivestito da una forma solenne. La legge indica che essa “deve farsi con dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere ( ) e inserita nel registro delle successioni. Si è affermato che, ai sensi dell’art. 519 c.c., la dichiarazione di rinunzia all’eredità non può essere sostituita neanche da una scrittura privata autenticata. La forma suddetta è a pena di nullità, in quanto l’indicazione dell’art. 519 c.c., rientra tra le previsioni legali di forma “ad substantiam”, di cui all’art. 1350 c.c., n. 13, (Sez. 2, Sent. n. 4274 del 2013)”.