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Bancario – Vendita di azioni proprie rientra nei servizi ed attività di investimento – Conflitto d’interessi.

Una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che “La vendita di azioni proprie della banca in contropartita diretta con la clientela rientra nella nozione di servizi ed attività di investimento di cui all’art. 1, comma 5, del d.lgs. n. 58 del 1998 (t.u.f.); conseguentemente, tale attività è sottoposta ai doveri previsti dall’art. 21, coma 1, lett. d) dello stesso decreto e dall’art. 15 del Regolamento congiunto Banca d’Italia-Consob attuativo dell’art. 6, comma 2 bis, del t.u.f., ai fini dell’istituzione di procedure interne idonee a garantire gli obblighi di correttezza e trasparenza nella prestazione dei servizi, fra i quali rientra anche l’adozione di idonee ed oggettive procedure di fissazione del prezzo dello strumento finanziario (c.d. fair value del titolo), in quanto trattasi di operazione priva di mera valenza interna. (Rigetta, CORTE D’APPELLO VENEZIA, 22/03/2018)” (Cass. civ., Sez. II, Ordinanza, 20/01/2022, n. 1740).

Si ricorda come anche la giurisprudenza di merito aveva evidenziato come “le banche, in caso di vendita a un cliente di azioni proprie, non quotate in un mercato regolamentato, sono tenute a rispettare scrupolosamente le indicazioni fornite dalla Consob nella Comunicazione del 2009 relativa alla distribuzione di prodotti finanziari illiquidi. L’intermediario che, discostandosi da tali prescrizioni, non fornisca un quadro informativo corretto ed esauriente, segnatamente ordine al rischio di liquidità, ove sia evocato in giudizio dal cliente, è passibile di condanna la cui entità può anche giungere a pareggiare l’ammontare dell’investimento” (Tribunale Verona, Sez. III, 25/03/2017, n. 687).